La missione sociale di Tata Group

«Per mio padre la ricchezza era solo un obiettivo secondario, sempre subordinato al desiderio costante nel suo cuore di migliorare la condizione industriale e intellettuale della gente di questo Paese e le varie imprese che ha fondato durante la sua vita avevano come oggetto principale il progresso dell’India». Le parole sono di sir Dorabji Tata, durante la posa della prima pietra della diga di Lonavala, e risalgono all’8 febbraio 1911. Quella che oggi è una conglomerata globale con 30 controllate in 10 verticali e operazioni in 100 Paesi in tutti i continenti, la Tata corporation – in Occidente nota soprattutto per le auto anche per l’accordo siglato nel 2007 con Fiat – era stata fondata da Jamsetji Tata oltre 40 anni prima, nel 1868. Oggi il gruppo ha un fatturato di 130 miliardi di dollari (nell’esercizio 2021-22) e per la parte consumer product di 124 miliardi di rupie (circa 1 miliardo e mezzo di dollari), impiega 935.000 persone ed è controllato da Tata sons, holding di investimento e promotrice delle controllate. Il 66% del capitale azionario è detenuto da fondi filantropici, che sostengono l’istruzione, la salute, la generazione di mezzi di sussistenza e l’arte e la cultura, in ossequio alla missione originale. Il primo settore nel quale la famiglia Tata si lancia è l’industria tessile; nel 1902 è la volta degli hotel con l’acquisizione della Indian hotels company e nel 1907 viene fondata la Tisco (oggi Tata steel), il primo impianto siderurgico indiano. Tata motors viene fondata solo nel 1945, e inizialmente si occupa di progettazione e produzione di treni. La prima auto viene messa sul mercato a inizio 2008: è la Nano, una vettura per il mercato locale in vendita a basso costo (da 2.000 dollari). Due mesi dopo, il marchio indiano acquista per 2,3 miliardi di dollari i marchi Jaguar e Land Rover. Oggi Tata motors è leader assoluta del mercato locale, con circa 3 milioni di veicoli all’anno.