Largo Consumo 6/2025 - Approfondimento di comunicazione d'Impresa - Pubblicato on line - Viviana Persiani
Toasthouse mette il turbo al toast: Centri Commerciali, stazioni strizzando l'occhio agli aeroporti
Quando nel 2014 Domenico Russo alzò la serranda del primo Toasthouse nel mall vesuviano Vulcano Buono, in pochi avrebbero scommesso che il “semplice” toast potesse diventare un format fast‑casual adatto alle food hall di stazioni e Centri Commerciali. Dieci anni dopo– e otto punti vendita all’attivo, in attesa delle aperture già firmate a Roma Termini e Torino Porta Nuova – il fondatore campano, rivendica con fierezza una crescita lenta ma “chirurgica”.
«Sono partito per gli Stati Uniti a tredici anni, adottato imprenditorialmente dai miei zii ristoratori e dal Gruppo Villa Pizza ho respirato la logica del servizio espresso e del franchising», racconta Domenico Russo, oggi CEO. «Di Subway ammiravo l’ingegneria del panino su misura; volevo portare lo stesso concetto in Italia, ma con un prodotto più leggero e culturalmente legato alla nostra tradizione È nata così l’idea di un toast artigianale, cucito su chi viaggia.»
E il test di Vulcano Buono ha cristallizzato il potenziale: scontrino democratico, preparazione senza canna fumaria, fascia oraria elastica. «Ma abbiamo messo in pausa lo sviluppo fino al 2021 – precisa il fondatore – per codificare ricetta, layout, manuali. Meglio un anno in più di test che due store chiusi».
Il tratto identitario è il pane fatto in casa: un fornaio dell’area flegrea impasta in esclusiva un filone soffice ma digeribile che sostituisce il classico pancarré. «Il pane del toast tradizionale resta sullo stomaco; noi volevamo leggerezza senza perdere la crosta croccante», spiega Domenico. E le farciture? Evergreen. Dal classico “Ham&Cheese”, al “Veggie Lovers”, fino al“Pulled Pork” con un rispetto per la stagionalità degli ingredienti vegetali. Ecco perché l’offerta del menu, cambia a rotazione semestrale, con materie prime di piccoli fornitori regionali. «Con la nostra versione del toast, riusciamo a vendere dalle 8 alle 23: alle 10 del mattino facciamo più colazioni salate della maggior parte dei competitors», osserva Domenico Russo.
«Le stazioni ci garantiscono volumi costanti e un mix cliente internazionale», spiega Daniele consulente Toasthouse per lo sviluppo con una carriera da manager di 14 anni presso Rossopomodoro. «Ma l’obiettivo 2025 è sbarcare in aeroporto: stiamo negoziando con due dei quattro big globali del travel F&B e valuando anche la possibilità di partecipare a gare in diretta».
Il format standard di Toatshouse occupa, in media, 60 m², banco front‑cooking e posti a sedere condivisi nella food court; in versione chiosco si scende a 18 m² con magazzino remoto. L’assenza di canna fumaria riduce costi e vincoli. Un investimento ideale, dunque, per un imprenditore che vorrebbe lanciarsi nel business di Toasthouse che, senza fondi alle spalle, si regge su un capitale rigorosamente familiare. «abbiamo visto tante catene che sono “morte di crescita” – confida Daniele. La pressione delle 30 aperture l’anno non fa per noi e, come da business plan, prevediamo 3-4 inaugurazioni annue. Ogni store nuovo, inoltre, porta in dote formazione nel flagship di Vulcano Buono, tutoring di start‑up e logistica centralizzata».
Come spiega Domenico Russo «Per aprire uno store ToastHouse si richiede un fee di ingresso pari a 15mila euro, con un deposito cauzionale di 10mila euro e una royalty del 3% sul fatturato dell’1% sul marketing. Dunque, si richiede un investimento chiavi in mano di 40‑170 mila euro, ovviamente,a seconda dello stato del locale.
Le prossime inaugurazioni che vedranno la luce entro dicembre, spingeranno la rete a 11 punti vendita. «Il format è pronto anche per high street e outlet village, ma non bruceremo tappe», assicura Daniele. Domenico rilancia: «Se manteniamo artigianalità e controllo food cost, il toast può diventare la “margherita” on‑the‑go dell’hotellerie europea. Siamo piccoli, ma il prodotto parla tutte le lingue.»
E sulla chiusura resta la filosofia di casa Russo: «Crescere sì, ma con ossa salde. Un toast si fa in tre minuti; per costruire un brand che duri ci vuole molta più pazienza.»