24/01/2024
- Approfondimento di comunicazione d'Impresa - Redazione di Largo Consumo
VISTO A MARCA 2024

Lucart a Marca, come tenere testa all'inflazione

Lucart a Marca, come tenere testa all'inflazione

La storia di Lucart parte da lontano, con la fondazione, nel 1953, della Cartiera Lucchese dei F.lli Pasquini a Villa Basilica, in provincia di Lucca. Poi, nel 1966, crescita e investimento portano alla costruzione dello stabilimento di Porcari, ancora sede del Gruppo, dove viene ospitata la prima macchina continua PM1, a testimonianza del salto tecnologico dell’Azienda. Anno dopo anno, la crescita è evidente, tanto che, nel 1988, viene acquistato un terreno di più di 240.000 m², dove progettare un sito dedicato al mercato della carta tissue, con la nascita del brand Lucart. Importante passo è anche, nel 2006, l’ottenimento della certificazione ambientale EMAS e, l’anno successivo, l’ingresso nel mercato Ho.Re.Ca. Nel 2013 tutte le società italiane del Gruppo si fondono in un'unica società denominata Lucart Spa. Nello stesso anno avviene il rilancio dei brand Tenderly e Tutto. Nel 2019, Lucart fa l’ennesimo passo verso la sostenibilità realizzando per i prodotti delle linee Grazie Natural ed EcoNatural un packaging in carta riciclata e riciclabile.

 Anche quest’anno, Lucart è stato tra i protagonisti di Marca 2024, il Salone organizzato da BolognaFiere. Con uno stand tutto dedicato alla sostenibilità e al suo valore, attraverso la presentazione di due importanti progetti che segneranno il loro 2024, come ha spiegato Francesco Lagomarsini, Marketing Manager di Lucart Group).

«Puntiamo molto sulle innovazioni di prodotto, però vorremmo tentare anche di svincolarci da esso, parlando anche in maniera più alta dell’ambito del sociale. Abbiamo progetti che riguardano la sostenibilità. Ad esempio, il riconoscimento di Climate Neutrality di prodotto sul brand Grazie EcoNatural che certifica la riduzione e la compensazione delle emissioni di CO2 e di tutte le carte igieniche Grazie EcoNatural prodotte nello stabilimento di Diecimo. Non, quindi, una innovazione puramente tecnica, ma che va a combinare una parte valoriale con una di prodotto. Importante è anche la collaborazione con Save The Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per garantire un futuro migliore ai bambini di tutto il Mondo. Un progetto che da qualche anno stiamo portando avanti. Insomma, per noi sostenibilità è non solo legata al prodotto, ma a 360 gradi. Quindi, a Marca abbiamo cercato di alzare un po’ il livello, non parlando solo di grammatura o morbidezza». Non c’è che farvi i complimenti per questa scelta che vi distingue. «Noi iniziamo quasi a dare per scontata la parte legata alla qualità dei nostri prodotti, che ci viene riconosciuta e per essere un passo avanti vogliamo spingere anche su questi aspetti. In un prodotto come il nostro, andare a mixare tecnica con valore è fondamentale. Io acquisto questo prodotto perché ci sono dietro sia una storia da raccontare, sia un progetto. Noi vogliamo distinguerci ed essere tra le aziende che fanno tendenza e non tra quelle che si limitano a fare da follower». Quando parlate dei vostri progetti, c’è accoglienza e preparazione da parte di vostri interlocutori?  «Il trade è molto segmentato. C’è una parte che vuol parlare solo del prezzo e non è interessata ad aspetti valoriali. E ci sono clienti, che sono, invece, molto attenti ad aspetti come certificazioni ambientali, eccetera. Lo hanno nel Dna e con i quali parliamo la stessa lingua». Quali sono, in termini di fatturato, gli apporti della marca privata e della brand? «La nostra divisione opera a livello Europeo e sviluppiamo circa 2/3 del fatturato sulla marca privata. In Italia, il mercato è composto per circa il 50% da vendite di prodotti Private Label, anche se c’è differenza tra canale e canale. Nel discount, ad esempio, mediamente il 90% dei prodotti in carta è private label, mentre nei drugstore si dà maggiore spazio alla brand. La forte inflazione spinge tanti consumatori a puntare maggiormente sulla marca privata e mi riferisco, in particolare, alla Gdo. Anche qui ci sono differenze: ci sono clienti che sullo scaffale preferiscono una maggiore presenza brand, rispetto ad altri che stanno spingendo, anche con attività marketing, sulla propria marca».

Qualche numero? «Il nostro mercato, a livello di volume, negli ultimi anni è rimasto abbastanza stabile. È un settore che, più di altri, è stato colpito dall’inflazione, dove abbiamo toccato anche delle punte di 30-35 punti di aumento del prezzo al pubblico. Con la filiera, abbiamo avuto dei costi molto più alti rispetto ad altre categorie merceologiche. Essendo, però, un bene di prima necessità, nonostante l’inflazione, i volumi sono rimasti costanti. Nei canali, paradossalmente, il discount è quello che ha sofferto di più, nell’ultimo anno, mentre crescono gli specializzati che offrono diverse fasce di prezzo e gli ipermercati. Nel 2024, l’attenzione sarà ancora rivolta ai prezzi e al lato innovazione per andare a ottimizzare il costo di produzione, senza andare ad impattare sulla parte ambientale delle emissioni». Avete avuto problemi con l’approvvigionamento di carta? «Solo nella prima parte del lockdown, ma è stata una problematica più sentita all’estero che da noi dove l’offerta di carta è maggiore della domanda». Quali sono i vostri maggiori mercati esteri? «Germania e Francia sono i principali, dove si punta a una qualità maggiore. Noi dobbiamo ragionare sempre a compasso. L’impatto logistico è molto forte. Dove produciamo, c’è sempre un raggio entro il quale è economico andare a vendere, mentre fuori dal quale diventa difficile».